Non ci sono più gli asili di una volta

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17 Dicembre 2014

Rassegnazione.
Questa è la sensazione che ricordo di quegli anni bui in cui qualcuno che non si fa mai gli affari suoi cominciò a dire "Ma lo mandi all'asilo quel bambino. Così socializza".
E mia madre si fece convincere.
Addio spensieratezza.
Addio beata solitudine.
Buongiorno giorno.
Sveglia la mattina presto, colazione svogliata e pensierosa sull'immediato futuro, a piedi all'asilo, le gote rosse, il cestino, il cappottino nell'armadietto, la segatura sul pavimento rosso, l'abbandono.
"Mamma, vienimi a prendere un minutino prima".
"Va bene"
"Un minutino prima"
Merendina seduto al tavolo, sterile confronto con le altre merendine che erano sempre meglio delle mie, giochi non coordinati da nessun adulto, una maestra severa, una maestra meno severa, le dade che facevano odore di soffritto, cinni che si cagavano addosso, cinne che piangevano, disegni, pongo, das, matite, pastelli, pennarelli scarichi e tutti in fila a lavarsi le mani, poi seduti al tavolo a mangiare brodaglie preparate dalle cuoche che sembravano uscite dal fil LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO e infine a dormire con la testa appoggiata sul tavolo in attesa di essere riportati a casa.
Era il 1974.
Quarant'anni fa.
Anni di merda.
Anni di rassegnazione, la stessa che ho respirato stamattina al CUP di Via Mengoli insieme a mia madre mentre staccavo il numerino dalla macchinetta e attendevamo il nostro turno.

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