Il linguaggio sensorialmente basato e il racconto di storie

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storie di cose che non esistono
14 Ottobre 2024

Il linguaggio “sensorialmente basato” è un caposaldo della formazione PNL. Agli allievi di un corso PNL vengono forniti strumenti per analizzare i problemi in termini sensorialmente basati, allo scopo di renderli concreti e di più semplice soluzione. Il metamodello serve, tra l’altro, anche a questo.

Cosa si intende per linguaggio sensorialmente basato? Si intendono quelle parole che hanno un referente sensoriale preciso. In pratica, una parola è sensorialmente basata quando è percepibile attraverso i sensi: quindi è un qualcosa che si vede, si ascolta, si sente attraverso il tatto, si odora o si gusta.

Visto che i sensi sono il tramite mediante il quale entriamo in contatto con la realtà, possiamo dire che se un qualcosa non cade sotto i sensi non è reale, è un costrutto mentale.

Dall’immagine dovrebbe essere chiaro cosa si intende per linguaggio concreto e specifico. Le parole di questo insieme hanno un referente sensoriale diretto (questo tavolo lo posso toccare, vedere, ecc.) al contrario delle parole astratte. L’onestà di un ministro o di una classe politica sono una valutazione che esiste solo nei miei pensieri. Per quanto riguarda i termini generici e concreti (i mobili di casa mia) sono esistenti, ma non hanno un referente sensoriale specifico: fino a che non si esce dal generico non si sa di cosa, effettivamente, si sta parlando.

Yuval Noah Harari, nei suoi libri “Sapiens” e “Noi inarrestabili”, indaga quello che definisce il Superpotere dei Sapiens.

A cosa si riferisce? Al fatto che i Sapiens, i nostri progenitori, hanno convissuto cronologicamente con altre razze umane: l’uomo denisoviano, l’uomo dell’Isola di Flores, l’uomo di Neanderthal, con il quale ci siamo pure incrociati e imparentati. In conclusione le altre razze si sono estinte, e i Sapiens sono rimasti gli unici esponenti della razza umana.

I Sapiens non erano più forti, più veloci o più coraggiosi dell’uomo di Neanderthal o di molti altri animali. In un combattimento con un lupo, un coccodrillo o uno scimpanzé, i sapiens non avrebbero avuto alcuna possibilità. Anche un vecchio scimpanzé può battere un campione mondiale di boxe. Però possiamo mettere uno scimpanzé in uno zoo perché siamo tante persone che lavorano insieme.

La capacità di cooperare, anche con estranei

Il nostro superpotere segreto ci permette di cooperare meglio di qualsiasi altro animale. Possiamo persino cooperare con gli estranei. Pensate all’ultimo frutto che avete mangiato. Potrebbe essere stata una banana. Da dove veniva? Se foste uno scimpanzé, dovreste andare nella giungla e raccoglierla da soli.

Ma essendo un essere umano potete chiedere aiuto a un estraneo. Pochissime persone raccolgono le banane da sole.
Quelle banane sono coltivate a migliaia di chilometri di distanza da voi, da altre persone sconosciute.
Poi le portano con un camion, un treno o una nave in un negozio vicino a casa vostra. Voi andate in quel negozio.
Scegliete una banana, la portate alla cassa e date del denaro al cassiere. Quindi comprate le banane.
Quante persone hanno toccato la banana prima dell’acquisto? Quante ne conosci direttamente? Forse nessuna. Ma vi hanno aiutato a comprare quelle banane.

Tutte le grandi conquiste dell’umanità, come lo sbarco sulla Luna, sono state il risultato della cooperazione tra centinaia di migliaia di individui. Nel 1969 Neil Armstrong fu il primo uomo a mettere piede sulla Luna. Ci arrivò grazie a un veicolo spaziale che non fu lui a costruire.
Uno stuolo di persone collaborò alla costruzione della navicella spaziale: i minatori estrassero il ferro dalla terra per costruirla, gli ingegneri la progettarono, i matematici calcolarono la rotta migliore per la Luna, i calzolai realizzarono scarpe speciali in modo che Neil Armstrong potesse camminare sulla Luna e gli agricoltori coltivarono banane così che gli astronauti avessero qualcosa da mangiare nello spazio.

I Neanderthal erano più robusti dei Sapiens, e il loro cervello era più voluminoso di quello dei Sapiens. Ma imparavano cose e ricevevano aiuto solo da pochi amici e parenti stretti, mentre i Sapiens potevano fare affidamento su molti individui che non conoscevano bene. Quindi, anche se un singolo Sapiens non era più intelligente di un singolo Neanderthal, con il tempo i Sapiens diventarono molto più bravi a inventare utensili e cacciare animali. E se si arrivava a uno scontro tra i due gruppi, cinquecento Sapiens potevano facilmente sconfiggere cinquanta Neanderthal.

È quindi questo il nostro superpotere? Non proprio. Per comprendere il nostro specifico superpotere dobbiamo porci un’ultima domanda: per prima cosa, come hanno fatto i nostri antenati a imparare a cooperare in gran numero? E come mai possiamo cambiare di continuo il nostro comportamento? (a differenza di formiche e termiti, che cooperano in gran numero ma facendo sempre le stesse cose).

Il Superpotere dei Sapiens: raccontare storie

In realtà il nostro superpotere è qualcosa che usiamo di continuo, ma pensiamo che non sia nulla di eccezionale. È la nostra capacità di inventare cose che non esistono nella realtà, di parlare di cose che non sono sensorialmente basate e di raccontare qualsiasi tipo di storia immaginaria.
Siamo gli unici animali che possono inventare leggende, fiabe e miti, e crederci.
Naturalmente altri animali sanno comunicare. Quando uno scimpanzé vede avvicinarsi un leone può gridare (in lingua scimpanzé): “Attenzione! Sta arrivando un leone!” e tutti gli scimpanzé scappano. E se uno scimpanzé vede una banana, può dire in lingua scimpanzé: “Guarda, c’è una banana laggiù! Andiamo a prenderla!” Ma gli scimpanzé non possono inventare cose che non hanno mai visto, assaggiato o toccato, come gli unicorni o i fantasmi.

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